“COME ARIA” è una dichiarazione di fede in un’amicizia che dona le ali e supera i confini della morte. È l’amicizia fra Margherita e Arianna, ambientata tra l’Italia e la Germania, tra la fine degli anni ’60 ed oggi. Margherita è una ragazza insicura a causa di un'educazione repressiva e conformista e trova nell'amica e nella sua famiglia (aperta e di cultura), il suo rifugio ideale. Quando Arianna si ammalerà di tumore e sarà vicina alla fine, Margherita si sentirà mancare il terreno sotto i piedi e sarà costretta (aiutata da un gesuita incontrato “per caso”) a rivedere le sue posizioni.
TRAMA:
Mentre Margherita frequenta la terza media arriva in classe “un angelo vestito di bianco, accompagnato da un bidello terrestre. L'angelo si chiama Arianna” e sarà la sua nuova compagna di banco. Tra Margherita e Arianna è affetto a prima vista. Il primo scetticismo della madre di Margherita nei confronti della nuova arrivata è superato non appena apprende che la famiglia risiede in Villa Alba, una ricca e storica villa sul mare: l’abito non fa il monaco, ma la residenza sì. Villa Alba però non viene adibita dalla famiglia Fabbri a vetrina per gli argenti, ma a grande atelier.
Al modo diverso di gestire le rispettive dimore corrisponde un diverso modus vivendi delle due famiglie, l'uno concentrato sull'apparenza, l'altro sulla sostanza.
Due mondi si scontrano nel piccolo universo di Margherita: ipocrisia e conformismo contro trasparenza e autenticità, pedante cattolicesimo contro autentici valori. Le due ragazze – anche a causa di ingiunzioni e tabù esistenti a casa di Margherita - preferiranno incontrarsi più spesso a casa di Arianna. Margherita sceglierà emotivamente la famiglia nuova arrivata, soffrendo intimamente nel “dover giudicare” la propria. Margherita confessa i suoi crucci al parroco di Borgo San Flaviano, Don Domenico, un anticonformista aperto e di cuore. Quest’ultimo regala a Margherita un diario, un Moleskine nero, perché lei possa appuntarvi i suoi dubbi e le sue tante domande. Il regalo del parroco fa sì che presto Margherita – pur non trovando risposte - trovi nella scrittura un intimo interlocutore. Alle già tante collezioni della piccola (passione ereditata dalla mamma, la cui “collezione più importante è quella di figli") si aggiunge allora quella di diari personali.
Vivremo con le due amiche i tempi della scuola, uno scambio culturale con Monaco, il periodo universitario, i primi amori, la decisone di trasferirsi insieme all’estero, a Monaco, dove si vive bene, tutto funziona, ma dove la lingua non è “quella del cuore” e alla Chiesa si pagano le tasse come allo stato. E poi la diagnosi della malattia per Arianna, contemporanea all’incontro di lei col suo grande amore, Sven, che sposerà in punto di morte.
Margherita, che aveva in Arianna il suo rifugio, sarà costretta (aiutata da un gesuita incontrato “per caso”) ad un processo di crescita forzato, dovrà rivedere le sue posizioni e approdare a nuovi porti.
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RECENSIONI:
Renata De Rugeriis, La città, dicembre 2013
Un diario importante da respirare... come aria.
"Non si tratta di un diario eppure durante la lettura si ha la sensazione di entrare in quella parte custodita dal segreto che offre la lettura di un diario altrui.
Lettura alla quale siamo invitati con prudenza dall'autrice stessa (cit. inizio quando l'autrice ci ammonisce:
Caro lettore, perdona le imperfezioni di questa edizione familiare.
Se ne hai voglia, segnalamele.)
Il primo romanzo di Carla Eviani, Come Aria, ci giunge così, bello come una promessa. E allo stesso tempo ci trascina impotenti nella lettura.
L'alternanza costante di analessi e prolessi ci costringe ad una lettura attenta, ci cattura come un elastico, ci attrae senza tregua.
Non si tratta di evocare ricordi dell'infanzia e non si tratta di recuperare il passato come quando si sospetta di una precoce senilità.
Eppure la tecnica del diario come struttura narrativa risulta efficace nell'aiutare l'autore e il lettore a ricucire le informazioni e 'intimità dell'informazione ricevuta, come fossimo amici -intimi dell'autrice, ci coinvolge, come detto, in un modo impotente.
La sensazione di qualcosa di noto che ci accompagnerà nella lettura la troviamo proprio nell'incipit: "Frequentavo la prima media. Una mattina la porta della nostra classe si aprì ed entrò un angelo, accompagnato da un bidello terrestre". Per prima cosa penseremo ad una lettura per ragazzi, una favola forse.
La voglia di sapere se abbiamo ragione ci porta a continuare la lettura: " L’angelo era vestito di bianco e si chiamava Arianna. I suoi occhi ci illuminarono. I ragazzi gioirono della nuova ed unica bellezza della classe. Le ragazze la odiarono immediatamente e per sempre. Io feci mio il compito di proteggerla dalla stupidità delle compagne di classe: mi riuscì, ma dalla sua prima lentissima morte non potei proteggerla. Fu così che la Campana, prof temutissima, cominciò piano piano ad ammazzare Arianna che aveva appena undici anni."
Ci sentiamo trionfare e allo stesso tempo siamo colti in fallo dall'anticipazione della morte (presunta?) di Arianna, essere umano e mortale, e non un angelo, non un personaggio di una storia per ragazzi. Siamo costretti a leggere.
Il modello narrativo è originale. Il flash back ci viene confermato da stralci di diario. I continui riferimenti ad eventi che avvengono nel passato o indifferentemente nel futuro,con dei flash forward, stimolano interattivamente, si direbbe oggi, il lettore e i personaggi.
Dopo aver identificato i luoghi del passato e del presente, tra l'Abruzzo e la Germania e la Germania e l'Italia, Teramo, Venezia, Monaco, Bologna, possiamo comprendere la varietà di inferenze che questo romanzo ci presenta.
I riferimenti alla musica ci aiuteranno a scandagliare la linea temporale, quando non lo faranno gli stralci di diario debitamente datati. Da Ivan Graziani con Agnese a Ivan Graziani con Maledette malelingue, ad esempio. E l'omaggio al cantautore teramano è un riconoscimento che gli arriva direttamente dalla Germania italo-tedesca dei migranti.
Il testo è ricco di ironie e di autoironie, come ad esempio i giochi linguistici ai quali l'autrice si lascia andare simulando un preteso "cattivo tedesco" o "cattivo italiano" quando racconta l'episodio al bar a Venezia: "Devo telefonare a Irina, ma non prima delle 10. Mi avvio per la Strada Nuova e ai primi tavolini al sole incontro alcuni tedeschi che erano in treno con me, seduti nel sole caldo, secondo loro. Ordinano correttamente un cornetto e un cappuccino, solo il latte macchiato diventa un latte macciato. Il cameriere in accento veneziano ripete Due cornetti, un cappuccino e un latte macchiato. Gli sorrido e auguro una buona giornata mentre loro mi augurano una buona cciornata."
Infine identifichiamo la storia, veramente questa volta. L'indissolubile amicizia tra due donne, raccontata dai tempi delle scuole medie fino alla morte di una delle due. Esattamente come anticipato crudelmente, nell'incipit , ma questo lo penseremo solo alla fine della lettura.
Sentiremo il bisogno, quasi, di rileggerlo. Per cercare di capire cosa ci è sfuggito. Cosa avremmo potuto fare, ciascuno di noi, per Arianna. Tanto ci sentiamo parte del periodo narrativo, coautori, quasi.
La sensibilità dell'autrice va oltre queste pagine: l'intero ricavato sarà devoluto all'Associazione Italiana Ciechi.
Peccato per la necessità dell'autrice di voler scusarsi sin dall'inizio del romanzo e in conclusione ("Invece ho scritto un libro di quasi 400 pagine… ci ho lavorato più di tre anni. Che follia. Qualcuno lo leggerà? Almeno ti conosceranno" e ancora: "Forse questo libro è stato un errore. Ancora droga per il mercato e per il pubblico ") quasi il "bisogno di scrivere" fosse una licenza presasi senza il permesso dei grandi autori o del grande pubblico. Ingenuità ed eccessiva umiltà? forse. O forse, il mostrare una parte di sè, tenuta segreta come in un diario, produce quel necessario imbarazzo davanti all'ignoto possibile lettore."
Rocco Capozzi, Università di Toronto - Rivista di Studi Italiani 2013
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